Il tell più efficace è quello più evidente: ciò che fa il tuo avversario
Ormai il concetto di tell è familiare tanto ai giocatori di poker professionisti, quanto agli amatoriali. Il tell è un comportamento di un giocatore, verbale o (spesso) non verbale, che in qualche modo lascia trapelare informazioni circa il contenuto della sua mano.
La letteratura pokeristica si è occupata spesso di questo argomento. Tra i vari libri dedicati ai tell, ricordiamo l’immortale Caro’s Book of Poker Tells di Mike Caro e Tells Academy di Joe Navarro. Volumi che intendevano sviscerare l’universo tell nel più piccolo dettaglio: il movimento delle gambe, il respiro, addirittura l’allargarsi e il restringersi della pupilla.
Tutti concetti preziosissimi, per carità, ma diciamocela tutta: sarà pur vero che i giocatori seduti al tavolo possono assumere degli atteggiamenti che in maniera involontaria facciano intuire la forza della loro mano, ma la vera fonte di informazioni a cui un osservatore attento può attingere a piene mani è, banalmente, la somma delle azioni del suo avversario.
Volontario > involontario
Per quanto si possa aver studiato i tell e ci si possa concentrare a catturare ogni minimo spostamento del sopracciglio altrui, nulla batte la semplice osservazione non tanto delle azioni inconsce, quanto delle azioni completamente consapevoli.
Certo, a volte capita di raccogliere un tell che ci possa spingere a valutare la mano di oppo più o meno forte, ma il più delle volte questo sforzo sovrumano non farà altro che distrarci da ciò che è veramente importante: esprimere il miglior gioco possibile e registrare il comportamento altrui al tavolo.
Per determinare la vera forza della mano del nostro avversario, infatti, nella stragrande maggioranza dei casi è sufficiente fare attenzione a come ha giocato fino a quel momento, e a come e quanto ha puntato nelle street precedenti. Tutte cose che non hanno nulla a che vedere col concetto di tell.
Sovrastimare il bluff
Tralasciando rare e sopraffine giocate, in fondo, il giocatore medio – e anche quello bravino, suvvia – non fa altro che puntare o rilanciare quando pensa di avere una mano forte, mentre se ha una mano speculativa, come ad esempio un progetto, tende a optare per il check e per il call. E che cos’è questo se non un modo piuttosto ovvio di “dichiarare” la propria mano?
Quello che succede spesso, un po’ a tutte le categorie di giocatori, è di attribuire all’avversario un livello di pensiero più alto. Perché sì, il bluff è una componente importante, anzi, fondamentale del gioco del poker, ma non è l’arma principale di un player vincente.
Il fatto che però il bluff esista, ed è innegabile, finisce per creare una sorta di bias per cui se il mio avversario sta puntando come se non ci fosse un domani, allora c’è per forza puzza di bruciato (o viceversa).
Nella maggior parte dei casi, questo assunto si rivela un errore.